La Catalanesca
La Catalanesca
Alfonso I d’Aragona nel XV secolo, importò questo vitigno dalla Catalogna, e lo impiantò sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. Su questi fertili terreni vulcanici l’uva fu presto sfruttata per vinificare, dai contadini vesuviani negli imponenti cellai delle masserie, dove ancora oggi è possibile trovare torchi che risalgono al ‘600.
Solo il prodotto eccedente veniva utilizzato come uva da tavola. La varietà è da sempre conosciuta con il nome Catalanesca, Catalana o Uva Catalana. La presenza di queste uva nella zona vesuviana, sembra risalire al 1500. Froio nel 1878, la cita tra i vitigni coltivati nella provincia e consiglia il miglior modo di vinificarla. E il De Giudice (1912) descriveva di questo vitigno “l’esposizione al Nord, oltre a favorire la produzione dell’uva tardiva, influisce anche sulla conservazione, perché esposta ai venti secchi di tramontana che ostacolano il ristagno dell’aria”.
Per molti anni è stata catalogata dai registri ampelografici come uva da tavola e pertanto non era consentito vinificarla e commercializzarla come uva da vino, nonostante da sempre i contadini locali, consci delle sue qualità, avessero in uso di trasformarla in vino. L’iter per far assumere alla Catalanesca il rango di uva da vino è iniziato negli anni ’90 con gli studi condotti da Luigi Moio e Michele Manzo, che la dichiararono “un’uva con tutte le attitudini ad essere vinificata”, ma solo nel 2006 è stata ufficialmente inserita nell’elenco delle uve da vino e dal 2011 può essere messa in commercio con la denominazione “Catalanesca del Monte Somma IGT”.
La zona di produzione delle uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini a indicazione geografica tipica «Catalanesca del Monte Somma» comprende gli interi territori amministrativi dei comuni: San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma, Cercola, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, tutti ricadenti in provincia di Napoli.
Nella versione bianco secco, dà vita ad un vino di un bel giallo paglierino con i riflessi dorati tipici del vitigno, dai profumi intensi di albicocca e ginestra, che lasciano presto spazio ad una mineralità preponderante, sia al naso che in bocca. Necessita del giusto tempo in bottiglia per farsi apprezzare al meglio.
Vi sono alcune aziende che lo vinificano in purezza quali “Azienda Montesommavesuvio, Sorrentino, e Cantine Olivella”. Proprio quest’ultima azienda che si trova a Sant’Anastasia, comune dei paesi vesuviani alle pendici del Monte Somma, a due passi da Napoli, prende il nome dalla fonte di acqua sorgiva Olivella, nel passato utilizzata per irrigare i terreni della Reggia di Caserta, alla quale portava acqua attraverso una rete di canali, e produce il Katà Igt Monte Somma, Un vino in purezza, di color giallo paglierino abbastanza carico, luminoso con una bella vivacità, consistente.
All’olfatto si apre con sentori floreali quali la ginestra, acacia, magnolia; note di idrocarburi, e note fruttate di albicocca . Morbido, piacevolmente fresco, con il suo perfetto equilibrio si avvia verso un finale sapido e persistente. Ma la peculiarità è al naso: minerale, affumicato, idrocarburico, ci porta subito al territorio di origine, il vulcano, un vitigno che sa esprimere un territorio. Ricordando le tre T “ Tipicità, Tradizione e Territorio “ il perfetto abbinamento può essere con la mozzarella , ma il suo carattere avvolgente lo presta in maniera ottimale ad abbinamenti di territorio come , capretto con patate, provolone del monaco con colatura di alici.
E rammentate “Una bottiglia di vino implica la condivisione; non ho mai incontrato un amante del vino che fosse egoista.”
Dott. Giovanni De Silva
Fondazione Italiana Sommelier Campania